Nel ricordare i 100
anni dalla nascita e i 70 dalla morte, conosciamo più da vicino la nobile
figura, di uomo e soldato, del tenente Battista Todeschini. Egli fu negli anni
del secondo conflitto mondiale un punto di riferimento, non solo per Premana,
oltre che un autentico ed importante uomo della Resistenza lecchese.
Todeschini Battista,
di Giuseppe e di Bertoldini Marta, nacque a Premana il 23 luglio 1915.
Il padre,
ferroviere, decorato di medaglia d’argento per la campagna di Libia del
1911-12, fu tra i primi ad entrare in Tripoli, e Tripoli appunto era divenuto il suo soprannome.
- I Todìsch ai ére da Deleguàc. Il
Battista - raccontava la mamma - era nato settimino e pesava un chilo e mezzo.
Ciò nonostante, lo portai lassù a diciassette giorni soltanto, avvolto in una
pelle di pecora che mi aveva prestato la Catìne
di Fantìin. A sei mesi pesava tre chili.
Dopo la fine della
Grande Guerra, la famiglia, per maggior comodità di lavoro, si trasferì a Castello
di Lecco.
Terminate le medie,
passò all’Istituto Tecnico G. Parini, dove si diplomò brillantemente ragioniere
nel 1934.
La ditta Locatelli
Formaggi di Lecco aveva messo a disposizione delle borse di studio per i
migliori allievi. Quando egli si diplomò, vinse la borsa di studio e gli fu
offerto l’impiego alla Locatelli, in alternativa agli studi universitari.
Scelse l’impiego.
Tosto si affermò per la sua capacità; era ben voluto ed apprezzato da tutti.
I diplomati in quel
periodo erano obbligati a frequentare il corso ufficiali, che lui frequentò a
Bassano del Grappa nel 1936. Uscì sottotenente; fu sempre al V Alpini, Battaglion
Morbegno.
Ól Scagn, ól Carlo Bie e anche altri alpini premanesi furono suoi
attendenti.
Racconta Rusconi
Silvio (Gras) - I suoi commenti su
Premana erano sempre benevoli; aveva una grande riverenza per gli anziani. Del
papà e della mamma aveva una sacra venerazione. Rispettava le tradizioni, le
fatiche dei vecchi; anche nelle piccole cose, negli oggetti più banali, ci
sentiva dentro la vita degli avi. Era un vero amante del dialetto.
Tino - Diceva il
Todeschini: 'l òo giràa tant ól mónt ma ün
parlà bel come ól promàan 'l òo mai trovàa.
Cìa - Era una
persona simpatica e allegra, che ne inventava di tutti i colori. Ól Bèrle sò cüsìin, al l'à bategiàa lüü "Bèrle". I due portavano l’identico nome e
cognome e lui era soprannominato Todèsch.
Una volta nel ‘44 lo
incontrammo, gerla in spalla, dalaént dal
Gèbio, ci salutò e poi ci disse: Ardèe
pighès, ün todèsch con scià ün todèsch che scape dai todèsch!
Calcagni Carlo - A
Malles conobbi di persona la semplicità di quell’uomo. Mi chiedevo come facesse
a conservarsi così fresco in un ambiente così corrotto. Era una persona
veramente onesta. Non era un bigotto ed aveva un grande tatto coi soldati. Lo
stimavano tutti. Era una persona senza rispetto umano ma riservata. Quando
poteva stare coi suoi soldati, non solo coi paesani, era veramente contento.
Era umano con tutti.
Ottenne due Croci al
merito di guerra: una sul Fronte Occidentale, l’altra in Albania. Dopo il
Fronte Occidentale rimase un poco a Civate, prima di partire per I' Albania, fu
quindi a Romagnano Sesia, ad Avigliana e poi a Monza.
AI ritorno
dall’Albania, nel maggio del 1941, fu inviato a Romagnano Sesia. Era il tempo
della fienagione e un certo Scandella di Barzio, suo attendente, andava spesso
in campagna a dare una mano in una famiglia. Una volta promise che avrebbe
portato con sé il suo tenente e così il Todeschini conobbe questa famiglia e
l’Angelina: una ragazza che divenne la sua fidanzata.
Nella primavera del
‘42 fu trasferito a Monza, dov’era comandante del distaccamento. Il suo
attendente era sempre Scandella Francesco di Barzio.
Scandella, parecchi
anni dopo, a ottantaquattro anni di età, ancora si commuove a parlare del Todeschini
e porta nel portafogli due sue fotografie.
Spesso la figura del
Ten. Todeschini sarà presente e avrà un ruolo importante nelle vicende accadute
a Premana e dintorni nel periodo successivo.
Padre Croci diceva:
- Lui, Todeschini, era furbo: stava al di fuori, ma di fatto comandava.
Con il giorno 31
agosto 1944 ha inizio l’ultimo
quaderno dei diari del tenente Todeschini.
Il diario è un
promemoria, una serie di brevi appunti stesi per ricordare, per richiamare alla
mente, con fatti e circostanze della vita quotidiana, gli eventi più
specificamente legati alla sua vita di ribelle.
È assai
difficile, per chi è digiuno degli eventi e non conosce i siti e le persone,
interpretare quelle pagine.
A prima vista può
sembrare il diario di un osservatore esterno un poco buontempone, cacciatore,
circondato da vari amici, come lui indaffarati in faccende strane, appena
accennate.
Le giornate sono
sempre movimentate, ricche di incontri, di nomi talvolta misteriosi, di
personaggi difficilmente individuabili perché chiamati con nomi di comodo,
talvolta diversi dagli stessi nomi di copertura assunti da ogni ribelle.
Frequenti le sottolineature all’apparenza illogiche.
Sono pagine che
sottintendono assai più di quello che dicono. Pagine fredde, all’apparenza;
ricche, se vogliamo, di banalità; salvo pochi casi, senza sentimento.
Ma in effetti, a
soppesarle e ad interpretarle nel contesto degli eventi occorsi alla luce di
altre testimonianze, esse diventano traccia preziosa per conoscere il
Todeschini, il suo ruolo e le vicende di cui in quei mesi fu protagonista.
Quelle pagine evidenziano
i caratteri salienti della personalità del Todeschini; ci mostrano una persona
semplice, ottimista, generosa, instancabile; appassionato cacciatore, credente,
sensibile all’amicizia e agli affetti famigliari.
Conosciamo un uomo
immerso nella Resistenza fino al collo, responsabile di compiti e di missioni
delicate, partecipe alla stesura dei piani per le azioni più importanti,
strettamente collegato ai massimi vertici, con ruoli affatto secondari.
Nel volume VIT DE QUÀI SÒRT, dal quale abbiamo tratto queste righe,
potete trovare alcune pagine integrali del diario. Qui ci limitiamo a riportarne
ampi stralci.
TUTTO CI DISTRUGGONO MA LA CAUSA VIVE
Diario 11 ottobre - ... Ripiegamento dei superstiti attraverso la
bocchetta di Camisolo verso Bobbio-Artavaggio, inseguiti dai tiri di mortai e
mitragliatrici - Spa si ritira su Trona e oltre, Armando e Aldo sono con lui. Io
rimango in fondo alla valle senza collegamento - Polenta e formaggio in Laréc - Assistiamo all’incendio delle
baite di Artino e alla rincorsa e ferimento della mucca. Con Carletto vado alle
Tre Croci... I fascisti non sono arrivati lassù - Assisto all’incendio della
Tavecchia e della Pio e, di qua dalla costa, a quello di Barconcelli, Casarsa e
Forno - Tutto ci distruggono questi maledetti, tutte le nostre cose
materiali...
E leggiamo qui l’unico sfogo che il tenente Todeschini consegna al suo
diario. Esso, più di ogni altra testimonianza, ci dà la misura degli ideali per
i quali quotidianamente si sacrificava.
...ma rimane sempre
più forte e bella l’idea nostra che loro non riescono a distruggere - la casa
si incendia, il nostro spirito no, la casa risorgerà e ritroverà lo spirito più
forte di prima. Nella lotta si può morire, come Marino e gli altri, e, se anche
il calcio del mitra finisce un moribondo, si distrugge materia e null'altro -
Gli uomini passano, la causa vive, eterna come l’Italia, quella nostra, della
libertà, non quella dei massacratori, dei saccheggiatori, dei delinquenti.
Anche a Premana avviene la consegna degli sbandati.
Il Todeschini, al di
là delle immediate amare reazioni nel veder partire tutti i giovani di Premana,
comprendeva benissimo che egli diveniva per la gente che aveva intorno non solo
un incomodo, ma anche un rischio.
Diario 21 ottobre - L’Aldo parte a notte da Pezzapràa e andrà nella grotta. Il Nino professore è rimasto al Lööch - lo e Armando partiamo più tardi
e andiamo al Barch - Nel pomeriggio
peliamo il frassino. Piove e fa freddo. Verso sera torniamo a Pezzapràa, torna Aldo da lassù. A
dormire - Il Nino Berera e il Mario del Vittorio non sono più con noi, ma hanno
trovato altre sedi per loro conto.
ACCANTO AI NOSTRI MORTI
Con questa frase, scritta a centro pagina a guisa di titolo, termina il
diario di questo giorno, poi altre due pagine di quaderno sono in bianco.
Che cosa aveva in mente di scrivere il Todeschini? Forse una poesia,
forse un ricordo dei caduti da lui conosciuti personalmente? Non sappiamo. Solo
sappiamo della sua volontà, del suo desiderio di ricordare anche con uno
scritto particolare i fatti ed i caduti di quel mese funesto.
Il Todeschini diveniva a poco a poco, agli occhi degli sgherri fascisti
di Bellano, l’uomo da colpire, il responsabile di tutto. Nessun mezzo si
tralasciava per neutralizzarlo, compresi la corruzione e la menzogna.
Il 15 dicembre 1944
dalla questura di Como giungeva in comune la seguente richiesta:
- Al fine di
regolarizzare definitivamente la posizione di tutti gli sbandati, renitenti e
disertori, che, in seguito al bando del capo della Provincia prima, e del Duce
della Repubblica Sociale Italiana dopo, si sono presentati alle autorità
locali, occorre far pervenire a questo ufficio l’elenco di tutti i giovani
presentatisi. (...)
E da Premana partì
un: “ELENCO DEI GIOVANI CHE SI SONO PRESENTATI IN QUESTO COMUNE IN SEGUITO AD
INTERESSAMENTO DEL SIGNOR COLONNELLO PINI”.
Il primo nome
dell’elenco è quello del Tenente Todeschini, seguito da altri 17 nomi, tre dei
quali risultano poi segnati con una crocetta e non si consegneranno.
Tredici degli
elencati sono premanesi ed oriundi.
Giancarlo - Anche il
nostro papà fece da tramite per cercare di ottenere che, se si consegnava,
fosse mandato a lavorare e basta. Andò anche dal Ferrario di Introbio.
Col papà Todeschini
si davano da fare molti altri, e non solo a Premana ma anche a Lecco; il discorso
coinvolgeva non solo le famiglie degli interessati, ma le stesse autorità. Venne
interessato anche il maestro Piero Fazzini che, sia in campo militare che in
quello civile, aveva molte conoscenze; tra queste c’era pure il maggiore degli
alpini Noseda, che aveva scelto di stare coi fascisti ed era comandante delle
GNR di Como.
Diario 19 dicembre - Martedì - Con Armando, Renzo e Menüü partiamo da Premana presto e
arriviamo in Barconcelli a portare la roba e mangiare con gli amici - Polenta e
arrosto. Alla una ripartiamo e veniamo al Gebbio - lo ho il todèsch carico di manoéi e lo porto alla Fontanèle
- Trasporto bóor - Freddo e
allegria - Alle sei rientriamo in paese - Ceno - Giancarlo torna da Léscen cól brentàl di vino - Mio cugino Zambelìin mi porta gli sci per domani -
Rimango in ghélde con lui poi vado da
Armando a prendere accordi per domani.
Con questa pagina ha
termine il diario del tenente Todeschini. Egli continuava normalmente nella sua
attività; anche per il giorno 20 dicembre aveva chiesto al cugino Zambelìin gli sci, non per andare a
spasso ma per ritornare sulle sue montagne, per incontrare i superstiti amici e
portare rifornimenti a quelli lassù rifugiati.
Cosa accadde dunque in quei giorni, perché Todeschini si rassegnasse
alla consegna?
Successero tre fatti
di un’importanza capitale:
- Si diffuse, non
solo a Premana, la convinzione generale, ben orchestrata da Larghi e dagli
uomini della questura di Como, che gli ultimi uomini alla macchia potevano
consegnarsi senza rischi, perché sarebbero stati addetti a lavori in Italia; e
questo fatto, come già abbiamo visto, produsse delle illusioni impossibili
nelle stesse autorità del paese, nei famigliari, negli ultimi oriundi (un po’
ribelli) e negli sbandati superstiti.
- Vedeva l’epilogo
la vicenda del militare tedesco ucciso in Piazzagorla nel giugno precedente.
- I repubblichini
trovarono e requisirono i diari ed altri documenti di Todeschini.
Todeschini, con
altri dodici, partì da Premana e fu arrestato a Casargo il giorno 27 dicembre,
ma fin dal 24 dicembre i tredici erano in paese e considerati liberi. Si può
concludere che il rastrellamento che causò la caduta in mano fascista dei suoi
diari ebbe luogo tra il 19 ed il 23 dicembre 1944.
Lina - A Bellano
erano esposti dei manifesti che avvisavano di una taglia a favore di chi
metteva le mani sul Battista... La nonna gli diceva sempre: "Tu sei a casa
tua e ti accusan di tutto" (Ma anche i famigliari non sapevano ndr).
Quel giorno venne in
paese, dal Forno, e lo zaino lo lasciò, contrariamente a sua abitudine, ént in cà di j'Ernìst. Il giorno dopo ci
fu il rastrellamento e gli trovarono tutto. Nello zaino aveva anche la
contabilità dei rifornimenti ai partigiani e alcune lettere. Era preciso,
teneva tutto.
Il “quarto libro del
ribelle” lo aveva in casa a Premana e rimase qui. In casa nostra non venne mai
nessuno a controllare.
Padre Croci -
Incontrai il Todeschini quando, pressato da chi e da che cosa io non so, lui
decise di presentarsi a Casargo con gli altri giovani. È venuto da me e mi ha
detto "Padre, non so cosa fare".
"Todeschini,
non si presenti, non si presenti perché ingannano... lei non uscirà vivo dalle
loro mani"
E lui mi disse: "Ebbene io vado, vado non per il mio
bene, perché so di finir male, vado per il bene di questi giovani".
Giancarlo - Da
quando gli trovarono lo zaino era demoralizzato. Decise liberamente di
consegnarsi... C’erano con lui anche altri premanesi... Non sapeva che fare,
non aveva il coraggio di dire loro di andare con i partigiani...
Anche il papà lo
voleva convincere a scendere a Lecco e riprendere il suo lavoro. Lui, il
Battista, era preoccupato; la sua paura era quella di portare danno al paese...
La fidanzata gli
scriveva di andare a Romagnano, ma lui non se la sentiva di abbandonare gli amici
con cui aveva collaborato per un anno e neppure gli oriundi premanesi che erano
con lui...
Silvio Gras - Una sera dico a mia moglie se
poteva preparare una torta da portare a Premana. Appena giunto, cercai il
Battista, lo trovai; venne a casa mia, mangiammo qualcosa e poi la torta. A
mezzanotte ci lasciammo.
Prima di andare a
dormire fumai una sigaretta... Sento battere alla porta. Era il Todeschini con
un litro di vino da osteria... "Cosa fai?" Rimase lì fino alle tre a
chiacchierare.
Quando ci stavamo
salutando, mi disse pressappoco così:͏"Silvio,
dobbiamo essere uomini, non dobbiamo lavorare per la grandezza, per farci
belli, dobbiamo lavorare per salvare il salvabile... Se avremo la fortuna di
portarla fuori, asciugheremo le lacrime che sono già tante e ci rimboccheremo
le maniche da subito. Ma, piuttosto di portare un minimo danno al mio paese, mi
faccio uccidere domani... Sono pronto, pronto a tutto, basta salvare Premana, e
che non mi tocchino la mia famiglia; il resto, la pelle, conta nulla".
Giovàn di Lim - Lo conoscevo bene il Todeschini; l’ultima volta
l’ho trovato quando andava a consegnarsi, lo incontrai al Gèbio. Mi ricordo: mi chiese se avevo sentito suonare l’agonia...
Io gli chiesi per chi, e lui mi rispose che stava andando a consegnarsi.
Gabrièle - Diceva alla sua mamma prima di consegnarsi: "Stremìset mighe tì mam: mì moriròo
martir" e questo poco prima di consegnarsi; e diceva anche: “Al è
méi che möre mì e mighe quìj giüven che gh'òo in giir...".
Ambrogio - Era un
brav'uomo, buono, un carattere aperto, era capace di farci coraggio; noi
eravamo bambini rispetto a lui. Da Bellano ci portarono a Como e vi restammo alcuni
giorni.
È certo che quando
il Todeschini giunse a Como, sembrava che avessero messo le mani su non quale
personaggio... Lo costatammo subito: "Èco,
adès al gh'è".
Il Ten. Todeschini
morì nel campo di sterminio di Mathausen dove giunse, pare, nel febbraio del
1945, con uno degli ultimi convogli di deportati.
La sua fine rimase
per anni misteriosa e qualche dubbio ancora rimane. Si parlò della sua
fucilazione a Como, nella zona di Bellano, a Monza ed in altri luoghi, ma senza
alcun fondamento.
Solo dopo qualche anno
la famiglia ricevette notizie sufficientemente attendibili.
Lina - Apprendemmo
che era morto a Mauthausen da un figlio di un medico di Castello, che lo aveva
visto a Mauthausen ai primi di febbraio.
Il suo nome appare
tra le vittime dei campo di Mauthausen nell’elenco pubblicato nel volume “Tu
passerai per il camino”.
Non aggiungiamo
altre parole per questo uomo che sacrificò se stesso disinteressatamente per
nobili ideali: solo diciamo che il disinteresse ed i nobili ideali erano, a noi
pare, anche in quel periodo ed anche a Premana, beni estremamente rari.
Testo
tratto dal volume VIT DE QUÀI SÒRT
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